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Erano anni molto duri per Alfa che era costretta a creare nuovi modelli riutilizzando le basi meccaniche e telaistiche dell’anzianotta Alfetta. Fu proprio in quegli anni che i tecnici della casa del Biscione, per sostituire le vecchie linee e forme dell’Alfetta diedero vita all’Alfa 90.

Ma cos’era l’Alfa 90?

Senza ombra di dubbio era la diretta discendente dell’Alfetta dato che riprese da essa tutta la meccanica (disposizione transaxle con motore anteriore, trazione posteriore e gruppo cambio-differenziale al retrotreno, sospensioni anteriori a quadrilateri, ponte posteriore De Dion, freni a disco su tutte le ruote) compresi i motori, ma da parte di Bertone, che aveva il compito di ridisegnare tutte le lamiere, ci fu un notevole occhio di riguardo.
Ovviamente il lavoro non era per niente semplice… infatti il risultato fu una berlina dalle linee piuttosto squadrate (e un po’ superate), ma non prive d’una certa eleganza.
Per migliorare l’aerodinamicità della vettura venne introdotto uno spoiler aerodinamico sotto al paraurti anteriore che scendeva automaticamente a partire dalla velocità di 80 Km/h per effetto della pressione dell’aria, aumentando così il carico aerodinamico sull’asse anteriore e riducendo la resistenza all’aria, che era migliore rispetto all’Alfetta, attestandosi con un Cx di 0,37.

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Al momento del lancio sul mercato nel 1984, la gamma dei motori comprendeva 5 motorizzazioni:
Alfa 90 1.8 con una potenza di 120 CV, Alfa 90 2.0 con una potenza di 128 CV, Alfa 90 2.0 Iniezione con alimentazione a iniezione elettronica e potenza di 128 CV, Alfa 90 2.5 V6 iniezione con una potenza di 158 CV e Alfa 90 2.4 Turbodiesel con una potenza di 105 CV.
Secondo le osservazioni del pubblico, la 90 non era che un’Alfetta rifatta. L’Alfa rispose senza convincere più di tanto che la Bertone aveva sostituito il 70% dei lamierati del vecchio modello. Non contribuirono poi all’estetica altri particolari poco riusciti come la modesta calandra in plastica grigia, le borchie di disegno banale e la posizione del vano portatarga che, sfalsato rispetto alle luci posteriori, rendeva la coda disarmonica.
Nel 1985 venne lanciata la “2.0 6V Iniezione“, con un motore derivato dall’omologo 2.5 che disponeva di 132 CV, dotato di impianto iniezione Alfa Romeo CEM (dove CEM sta per Controllo Elettronico Motore).

Che cos’era il CEM?

kb116_162_49Il CEM era un innovativo sistema che permetteva la funzione digitale e modulare del motore.
Venne presentato nel 1982 con l’Alfetta CEM, ma ebbe poco successo con essa dato che era una tecnologia ancora in fase di sperimentazione e collaudo.
Questo sistema permetteva alla vettura di funzionare con soli 2 cilindri quando la richiesta di potenza era bassa e ciò permetteva risparmi di carburante di oltre il 15%.
Il CEM applicava in maniera totale il concetto di “In/Out” dove un elaboratore dotato di microprocessore, gestisce i segnali in arrivo da alcuni sensori (In) ed in base a questi attua le corrette gestioni dei componenti (Out).
A tal proposito, vale la pena citare tra la sensoristica, il rilevatore di posizione farfalla acceleratore, costituito da un disco dotato di 8 fori, che permettono la comunicazione di altrettanti trasmettitori e ricevitori ad infrarossi, generando un codice (GRAY) che permette di calcolare oltre 240 posizioni differenti del pedale acceleratore.
Gli studi sul CEM vennero perfezionati sull’Alfa 90 che, dotata anche di rapporti più corti rispetto alle 2.5 V6 Q.O. risultava su strada molto brillante e cattiva anche perché era dotata dell’innovativa iniezione Bosch L-Jetronic. Malauguratamente gli studi sul CEM vennero completamente abbandonati dal momento che nel 1987 Fiat acquistò tutta la società, lasciando un progetto altamente valido come solo un ricordo.

alfa_90Trovandosi a competere con vetture del calibro di Lancia Thema, Fiat Croma e Saab 9000, presentate nello stesso periodo e decisamente più moderne, l’Alfa 90 faticò parecchio a ritagliarsi un proprio spazio. Il colpo di grazia arrivò però dal lancio, nel 1985, dell’Alfa 75, dotata della sua stessa meccanica ma con una carrozzeria dal design più aggressivo e piacevole, cosa che spinse la stragrande maggioranza degli alfisti a snobbare la 90 in favore di quest’ultima.
A poco servì il restyling del 1986, che coinvolse la mascherina anteriore (leggermente modificata), il porta targa in tinta, e alcuni dettagli dell’interno, dando vita all’Alfa 90 “Super“.
Dal punto di vista meccanico le uniche novità riguardavano il motore turbodiesel, dotato di turbina di geometria più piccola per migliorare la ripresa ai bassi regimi e di un sistema di preriscaldamento del gasolio per migliorare le partenze a freddo, l’eliminazione della versione 2.0 a carburatori e l’adozione di rapporti più corti per migliorare accelerazione e ripresa, con quinta marcia di potenza. Invariati gli altri motori della gamma.
Prodotta in poco più di 50.000 esemplari, dopo solo 3 anni di produzione nel 1987 fu sostituita (dopo il passaggio dell’Alfa Romeo al Gruppo Fiat) dalla 164.

CURIOSITA’

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Per il mercato tedesco venne allestita una versione speciale dell’Alfa 90 chiamata “Alfa 90 Campione“. Era equipaggiata con il 2.5 V6 da 158 CV ed era dotata di un assetto più rigido per donarle più sportività.

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La rivista Auto Capital fece realizzare una versione Station Wagon affidandosi alla Zagato. Ci fu un interessamento serio dell’Alfa Romeo per una realizzazione in serie ma il progetto infine non vide mai la luce.

[ Articolo tratto da carblogitalia.it ]